A volte, si sa, le cose più belle arrivano per caso.

Il bresciano Michele rifugista d'alta quota a 19 anni

Raccontiamo in queste pagine la storia più recente del rifugio… scritta da Daniela Pellicioli, giornalista e amica del rifugio.

La mia vita di gestore a quota 3000mt

Nel 2004 a soli 19 anni Michele Bariselli ha iniziato la sua gestione del Rifugio Quinto Alpini nella selvaggia e bellissima Val Zebrù, nel gruppo Ortles Cevedale in Alta Valtellina e da allora gestisce il rifugio all’insegna della fatica e dell’amore per la montagna.

Alla montagna ci si è avvicinato da ragazzo frequentando i corsi di alpinismo giovanile all’ Ugolini è nell’estate del 1998 cercava un lavoro in montagna a contatto con la natura e si è ritrovato 5 anni dopo a fare il rifugista d’alta quota, 4 mesi all’anno.

Alla montagna ci si è avvicinato da ragazzo frequentando i corsi di alpinismo giovanile e nell’estate del 1998 desidera provare a lavorare in montagna e si è ritrovato 5 anni dopo a fare il rifugista d’alta quota.

Ha iniziato la sua “carriera” a soli 14 anni, come cameriere tuttofare nella pausa estiva della scuola, 5 anni d’impegno che Michele ha affrontato con spirito d’altri tempi.
Ogni estate, anno dopo anno, si è caricato lo zaino in spalla e, si è recato in Alta Valtellina, risalendo il suggestivo sentiero che porta al rifugio, pronto a impegnarsi in un lavoro fatto di sacrifici.

A accompagnarlo, la bellezza introversa delle montagne dell’Alta Val Zebrù, la magia dei silenzi notturni, gli sguardi incrociati con camosci, stambecchi, volpi ed ermellini che ancora tutt’oggi sanno emozionare

Poi nel 2003 i precedenti gestori scelsero di lasciare il rifugio.
Un segno per Michele. Ecco allora il bando, l’invio della domanda, la vittoria, l’inizio di un’avventura bella e spaventosa allo stesso tempo. Soprattutto per un ragazzo poco più che adolescente.
Sì, perché Michele, alla firma del contratto, di anni ne aveva solo 18.

Abbastanza per ottenere la gestione della struttura da 50 posti letto, del Cai di Milano.
Una scelta di solitudine e soprattutto di fatica.
Il Rifugio Quinto Alpini non è infatti un rifugio facile.
E’ una meta per amanti della montagna, incastonato in una valle che sa nascondersi, bella nel suo isolamento, protetta dalle sue cime innevate anche in tarda stagione, lo Zebrù, il Gran Zebrù, l’Ortles, Thurweiser che dominano il panorama con i loro ghiacciai non più eterni.
Vette capaci di regalare soddisfazioni vere, emozioni intense.
Emozioni che anche Michele – appassionato alpinista – ha saputo prendersi negli anni, affrontando tutti gli itinerari della zona, acquisendo la conoscenza necessaria a fornire la massima assistenza a chi intende cimentarsi su quelle vette.

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A volte, si sa, le cose più belle arrivano per caso.

Ma il “quinto” è un rifugio difficile anche per quanto riguarda i rifornimenti, ci si rifornisce a inizio stagione con l’elicottero e poi durante tutta la stagione, Michele scende fino in fondo alla valle per recuperare i rifornimenti; per 7 anni solo a spalle con circa 40 chili di peso da trasportare per un’ora e mezza e circa 700 metri di dislivello.

“Una volta ci aiutava Benny – ricorda Michele – Un mulo bello e simpatico ma del tutto inutile per quanto riguardava i rifornimenti.
Ogni volta che provavamo a fissargli le provviste sulla schiena, lui se le sgroppava di dosso.
Una, due, tre volte fino a che mi arrendevo e me le portavo su io, con lui a seguirmi con andatura indolente e vagamente soddisfatta. L’ho tenuto con me per diversi mesi, gli ho anche costruito una stalla ma poi mi sono reso conto che non era cosa e che l’unico sistema era cercare di allargare il sentiero e usare un mezzo meccanico”.

Così negli ultimi anni, con l’aiuto di Marco Confortola, amico e alpinista estremo nato in valle, si inizia l’allargamento del sentiero con uno scavatore che serve anche a pulire ogni anno la neve che ingombra il sentiero. Da alcuni anni si riesce a salire con una motocarriola fino al rifugio, il piccolo cingolato trasporta, lentamente, fino a 200 kg su per il ripido sentiero. un viaggio di quasi due ore ma sempre meglio che a spalle.

Nonostante le difficoltà gestionali, Michele è andato avanti.
In questi anni, si è impegnato nel condurre al meglio il rifugio, investendo nel miglioramento di struttura e dei servizi, dal miglioramento delle stanze con caldi piumini e nuovi materassi, all’installazione dei pannelli per l’acqua calda e nuove stufe per il riscaldamento.
Il turismo è cambiato non solo alpinisti ma molte famiglie con bambini varcano la soglia del rifugio ed è stato fondamentale adeguare il rifugio per accoglierli.
“Sentirsi a casa” è il motto del rifugio ed è quello che cerca di fare il prezioso staff che accompagna Michele ogni stagione.

Le soddisfazioni più grandi?

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Molte le soddisfazioni, ma la più grande e unica è stato l’incontro con l’orso nel 2013. «Dopo 14 anni questa Valle riesce sempre sorprendermi, l’animale è apparso a pochi metri dal rifugio proprio davanti a noi, ho preso la macchina fotografica e ho cominciato a seguirlo, gli ho scattato da vicino una quarantina di foto, era stupendo!>>

Noi rifugisti- aggiunge Elena Marinoni, compagna di Michele – siamo abituati a vedere ogni giorno animali stupendi come volpi, camosci ed ermellini, ma poter ammirare un orso così da vicino non è la stessa cosa. Vederlo immerso nel suo habitat, a stretto contatto con la natura è stata un’esperienza unica».

Elena & Michele insieme a quota 2877

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A fronte di una gestione di stampo tradizionale della struttura, il Quinto Alpini negli anni  ha fatto un tuffo nella modernità per quanto riguarda la comunicazione aiutato dalla moglie Elena
che nella vita è art director.
Grazie ad un racconto autentico narrato attraverso i social riescono a trasmettere le emozioni che si vivono a quota 3000 e a promuovere le varie iniziative promosse per il periodo estivo.

I due ragazzi – oggi quarantenni- , ogni anno infatti pianificano diversi eventi per rendere ancora più speciale l’estate e coinvolgere gli appassionati: concerti, cinema sotto le stelle, serate di lettura, percorsi di autobiografia personale e gli spettacoli teatrali

Coinvolgere il territorio

Coinvolgere le persone e il territorio
Le idee insomma non mancano mai e nel 2013 insieme al Rifugio Forni viene ideata una proposta nuova per gli amati del trekking e per far conoscere il meraviglioso territorio che li circonda. Nasce così il GIRO DEL CONFINALE che rappresenta un’esperienza unica per ritrovare se stessi a contatto con la natura più autentica. Un tour ad anello nel cuore del Parco Nazionale dello Stelvio che collega la Val Zebrù con la Valle dei Forni, da percorrere a piedi o in Mountain bike, tra meravigliosi paesaggi alpini di ghiacciai, vallate e boschi.

Per 4 mesi all’anno, il rifugio diventa un punto di arrivo per escursionisti e famiglie una base d’appoggio per alpinisti e arrampicatori.
E per Michele ed Elena un modo di vivere la montagna lontano dalla frenesia della città, a stretto contatto con pietre millenarie, animali selvaggi. E silenzio.